Department of Political Studies - University of Catania
Jean Monnet Chair of European Comparative Politics
Jean Monnet Working Papers in Comparative and International Politics
Università Statale degli Urali, Ekaterinburg
Il Posto della Russia nel Nuovo Sistema Mondiale della Sicurezza
June 2002 - JMWP n° 43
La Russia alla ricerca di nuova nuova identità
La Russia contemporanea non è una piccola Unione Sovietica come pensano molti politici stranieri ed anche alcuni politici russi di oggi. E’ un’altra cosa che sta cercando la propria identità e non ancora trovata. Ci sono molti progetti e non è detto che i migliori diventeranno realtà. Dopo aver atteso per anni che la Russia si integrasse nel mondo occidentale, qualche analista ha detto “abbiamo perso la Russia”. In Russia, d’altra parte, esiste l’opinione che le aspettative d’aiuto dell’Occidente per modernizzazione della Russia non sono state realizzate. La condizione nella quale si trova lo Stato russo di oggi è peggiore del periodo precedente il crollo dell’Unione Sovietica. La Russia non ha alleati, il prodotto interno lordo (PIL) è solo il 2% di quello mondiale, l’esercito è debole, l’industria militare distrutta, la NATO si allarga verso le nostre frontiere, gli americani sono presenti in Caucaso e in Asia Centrale, gli Stati Uniti hanno limitato l’importazione dei nostri prodotti (ad esempio, l’acciaio) nel mercato americano. Insomma, si può affermare che la Russia ha pagato un prezzo molto alto e non ha ricevuto alcun profitto.
Una comprensione non adeguata del mondo e della situazione russa da parte sia dei politici russi sia di quelli occidentali può creare grandi ostacoli sulla strada della collaborazione reciproca, della costruzione della nuova architettura del mondo e della realizzazione di nuova identità russa.
E’ importante partire dal principio che in politica non si fanno miracoli. Per noi russi, questo significa, prima di tutto, che il mondo del mercato libero è feroce, non solo nei confronti dei russi ma verso tutti perché nessuno si fida di un partner debole. In secondo luogo, anche se affermiamo che l’Unione Sovietica ha perso la guerra fredda e che la Russia è un paese diverso, essa si trova nella stessa posizione politica che prima era occupata dall’Unione Sovietica. Di conseguenza, si deve parlare sia di continuità che di rottura tra la politica sovietica e quella russa. La Russia contemporanea non è l’Unione Sovietica ma non ha di fronte un foglio bianco.
Le aspettative occidentali e russe e la realtà russa
“Trasformare un acquario in una zuppa di pesce, è possibile; ma non è possibile trasformare una zuppa di pesce in un acquario”. Queste parole usava un imprenditore italiano per definire la privatizzazione nella Russia contemporanea. Le stesse parole possiamo adoperarle per caratterizzare tutti i processi di trasformazione in Russia dopo ottanta anni di esperienza bolscevica.
Come si può trasformare un paese in una democrazia liberale e in un libero mercato se la società russa contemporanea è ancora antiborghese, anticapitalistica e antidemocratica?
La parte più attiva ed efficiente della società non esercita grande influenza sui processi politici e non esclude il cambiamento di rotta. Nei dieci anni post-sovietici, la società russa ha fatto pochi passi verso una società civile. Nel periodo eltsiniano la Russia viveva nel capitalismo di oligarchi. Subito dopo l’elezione del nuovo Presidente, anche gli oligarchi non sono riusciti a difendere le proprie posizioni economiche e politiche. Durante la Presidenza di Putin si sta realizzando un nuovo progetto di modernizzazione tramite un capitalismo burocratico come quello turco.
Il peso della storia russa
Lo stereotipo antioccidentale che caratterizza l'immagine del mondo russo si è formato nel corso dello sviluppo storico della comunità russa. La cultura europea appariva aristocratica e staccata dal popolo. Il pensiero imperiale possedeva una matrice religiosa e occupava un posto centrale nell'ortodossia russa e in tutta la cultura politica cristiano-bizantina. Questa matrice, liberata dal linguaggio religioso, venne addirittura utilizzata per la fondazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e sul suo fondamento si sviluppano ancora oggi gli stati nella parte europea della CSI.
Carlo
Maria Santoro scrisse giustamente che l'affermazione
dell'identità nazionale russa è avvenuta attraverso
l'espansione dello Stato imperiale. L'identità nazionale russa,
mai consolidatasi, è sempre rimasta sospesa fra territorio ed
etnia, fra la definizione del russo come russkij
(etnicamente russo) o come rossijanin
(russo in quanto abitante della Rossija,
il territorio imperiale). La Russia possiede un'identità
patriottica, la Rodina (patria) che non è la nazione in quanto è basata sulla
territorialità e non sull'etnicità. Lo Stato imperiale russo (Gosudarstvo
rossijskoe) ha svolto una funzione "etnogenica". La scelta
espansiva imperiale è pertanto l'elemento cardine
dell'identità russa. Il nazionalismo patriottico russo è una
forma di nazionalismo "civico-territoriale" e non
"etnico". L’Unione Sovietica si è formata non come
unione nazionale ma di carattere internazionale di Stati
proletari che avrebbe dovuto trasformarsi in una Repubblica
Mondiale Socialista Sovietica; in secondo luogo nel periodo
sovietico venne frenato artificialmente il processo di
maturazione dell’archetipo nazionale russo che non poteva
essere quello della «nazione unificante» e non diventò tale.
Insomma, i russi più di altri popoli risultarono
internazionalizzati e de-etnicizzati.
Questa
politica somigliava alla variante americana del melting
pot sul
quale doveva fondersi un’unità interetnica, ma le tradizioni
storiche, religiose e culturali di partenza e i processi
politici ed economici negli Stati Uniti e nell’Unione
Sovietica erano comparabili. L’inefficienza economica della
struttura sovietica fece fallire il «crogiolo di
fusione»estromettendo i mondi locali nazionali.
Che tipo di Stato costruiamo?
L’Impero
russo è oggi oggetto di opinioni differenti. I democratici
usano questo concetto nel senso americano di “crogiolo di
fusione” o come un tipo di “multiculturalismo”. Gli
statalisti (come i nazional-comunisti o i fautori dell’eurasianismo)
lo usano nel senso di vita naturale dello Stato russo, come terza
strada, antiliberalista. Uno scrittore ironizzava
giustamente: “la terza via al Terzo Mondo”. I fautori di
questo concetto sono abbastanza forti nella società russa e
sostengono l’ideologia tradizionalista, compresi molti
partiti, soprattutto quello dei comunisti, e non esclusa una
larga parte del clero ortodosso.
In
realtà, oggi il concetto borghese dello Stato nazionale (ossia
russo) non è realizzabile e può provocare l’ulteriore
scissione della Russia con sanguinose guerre etniche.
Bisogna
tener presente la particolarità della costruzione dell’Impero
Russo e dell’Unione Sovietica. Alle repubbliche sovietiche
(escludendo i paesi baltici) mancavano le premesse economiche,
sociali e culturali per organizzarsi in stati indipendenti. Nel
periodo sovietico le frontiere tra le repubbliche erano
tracciate sulla base del principio “divide et impera”.
I dirigenti sovietici non credevano nel crollo dell’Unione
Sovietica. Krusciov, per esempio, ha regalato grandi spazi del
territorio storicamente russo all’Ucraina (Crimea ed altri
territori), al Kazakistan ecc.. E’ difficile capire come la
Georgia possa costruire lo Stato nazionale con più di 20 gruppi
etnici e religiosi.
Quando
leggo nella rivista americana Democratizatsiya
[1]
le parole “Russia can become a full-fledged and
respected member of the European community and a trusted U.S.
ally only if it is an authentic democracy”, mi chiedo
quando gli Stati Uniti hanno risolto il problema della
segregazione razzista. E la democrazia americana è identica a
quella dei paesi europei?
Secondo
un autore occidentale la Germania si è sviluppata come paese
europeo solo dopo la metà del Novecento. La Spagna dopo Franco,
è passata alla via democratica con qualche problema. Basta
leggere l’ultima intervista di Ralf Dahrendorf
[2]
“Dopo la democrazia” per capire che la
democrazia in Europa sta cambiando. Un occidentalista russo,
Vladinir Lukin, ironizza sostenendo che si sta formando una
nuova civiltà “americano-pakistana”.
Non c’è dubbio che bisogna chiedere alla Russia e ad altri paesi post-sovietici di seguire gli standard democratici e rispettare i diritti umani, ma bisogna tenere in conto le particolarità delle diverse civiltà. In ogni caso, è importante per tutti noi non nutrire grandi illusioni in una trasformazione veloce e avere prima di tutto pazienza.
Guerra in Cecenia e irredentismo etnico in Europa e nel Mondo
In questo momento si pone un altro problema legato al fatto che i presidenti di alcune repubbliche (per esempio, Tatarstan, Bashkiria, Kalmykia) stanno usando l’irredentismo al Centro A questo proposito, è significativo l’esempio della Cecenia che dopo tre anni dalla proclamazione formale di indipendenza continua ad usare le risorse di energia elettrica e petrolio della Russia senza pagarli.
Lo sviluppo degli avvenimenti ceceni ha qualche somiglianza con quelli i Balcani. La dichiarazione di Eltsin, all'inizio degli anni Novanta, "Prendete tanta sovranità quanta ne volete", fu percepita dai leaders dei gruppi etnici come un segnale dell'inizio della pulizia etnica. Le repressioni contro i gruppi etnici minoritari non ebbero luogo solo nei paesi Baltici, che erano sovrani anche nel passato, ma anche nei nuovi stati indipendenti che prima non avevano confini etnici e dove la popolazione era sempre stata multinazionale.
In Cecenia il generale Dudaev è arrivato al potere con l’appoggio del governo di Eltsin e come concorrente del comunista Zavgaev. In Cecenia la divisione del popolo in gruppi etnici rende impossibile il funzionamento secondo i principi dello Stato unitario. Con l'arrivo al potere di Dudaev è stato distrutto l’equilibrio tra diversi gruppi etnici e ha avuto inizio la lotta per la conquista del potere politico. Le prime vittime delle repressioni sono state gli stessi ceceni appartenenti ai gruppi etnici opposti al generale Dudaev e solo più tardi i russi. Ora in Russia vivono più ceceni che sul territorio della Cecenia. Il Generale Dudaev ha sfruttato gli umori antirussi esistenti nel paese per centralizzare il potere e proclamare l'indipendenza della Cecenia. La prima guerra di Cecenia non ha avuto l'appoggio della maggioranza della popolazione in Russia. Al contrario molti erano favorevoli all'indipendenza della Cecenia.
L'esperienza negativa dell'indipendenza di fatto della Cecenia durante quasi sette anni ha provocato il cambiamento radicale dell’opinione pubblica verso la fine del 1999. Il territorio della Federazione Russa si è trasformato nel centro del terrorismo internazionale dei fondamentalisti islamici e i diritti umani sono stati violati con la forza. Alla fine del XX secolo sul territorio europeo è stato stabilito un regime di carattere medioevale che non riconosce le norme del diritto internazionale. In Cecenia si svolgono alla luce del sole le esecuzioni pubbliche secondo le decisioni del tribunale dello scheriat e funziona la tratta degli schiavi. Nella tratta degli schiavi è coinvolta in pratica tutta la popolazione della Cecenia: in ogni paese esiste un edificio per il mantenimento degli schiavi. E’ diffuso il racket, lo spaccio di armi e droga, la produzione e diffusione di dollari contraffatti.
Lo stesso presidente Moschadov non ha potere reale nella capitale Grozny. Ma il pericolo più grave oggi arriva dalla parte degli islamici radicali – i vakhabiti. I mondi locali dei vakhabbiti non s’integrano nelle comunità locali, organizzano la vendita di persone, droga, dollari e superalcolici contraffatti ed altri crimini. Inoltre, i vakhabiti hanno l’appoggio del famoso avventuriero saudita Bin Laden. Il ceceno Bassaev e il saudita Hattab hanno organizzato l’attacco contro la Repubblica Daghestan dove la maggior parte della popolazione è mussulmana.
Per la prima volta dopo la famosa sporca guerra russo-cecena, il popolo mussulmano di Daghestan ha chiesto aiuto militare al potere centrale. Gli autorevoli capi della società mussulmana hanno condannato l’eresia vakhabita.
Gli avvenimenti del Kossovo e il successivo isolamento internazionale della Russia hanno incoraggiato l'estremismo islamico. E' stato attaccato il territorio del Daghistan con l'obiettivo di espandere l'influenza dell’estremismo islamico in Russia, è aumentata l’attività dell'estremismo islamico in Tatarstan, Bashkotorstan e anche nel territorio delle province confinanti. Le indagini hanno confermato la partecipazione dei separatisti islamici agli attentati contro abitazioni in diverse città della Russia. La guerra in Cecenia ha avuto inizio quando la società si era stancata del terrorismo che stava diventando la politica del governo della Cecenia. All'inizio della guerra il presidente autonominato della Repubblica della Cecenia, Moschadov, non ha criticato in nessun modo l'attività dei terroristi.
Con questo non voglio difendere la violazione da parte dei militari russi dei diritti dell'uomo in Cecenia e la loro crudeltà nei confronti del popolo ceceno. La violazione dei diritti umani in Cecenia è un pericolo per la libertà democratica della società russa. La critica delle organizzazioni internazionali è interessante per la Russia. Purtroppo questa critica riguarda solo una parte dei trasgressori dei diritti umani e in pratica la neutralizza. Entrambe le parti devono essere criticate dalle organizzazioni internazionali. Nel caso contrario si può ripetere la situazione del Kossovo, quando la critica di una parte permetteva all’altra di svolgere azioni contro i diritti umani.
La situazione in Russia richiede un intervento bilanciato nel problema della Cecenia. L'aiuto sarà accetto se non creerà condizioni favorevoli per uno dei partecipanti del conflitto. Mi sembra che questa sia una condizione delle ultime guerre etniche.
La mia opinione è che in Caucaso e in Asia Centrale non esiste solo un conflitto religioso o tra civiltà ma un conflitto con il radicalismo o l’estremismo religioso o etnico, come – ad esempio - in Afganistan, Algeria, Turchia e nei Balcani. E’ sempre presente il pericolo dell’allargamento del conflitto nella zona del Caucaso e dell’Asia Centrale ed in altre zone della Russia o dei paesi ex-sovietici dove esiste irredentismo etnico o religioso e intervento diretto e militare da parte dell'estremismo islamico. Nessuno sa dove si fermarà la disintegrazione del ex-impero sovietico.
Who is mister Putin?
Putin
è giovane ed ambizioso. Egli può realizzare le riforme avendo
a disposizione almeno dieci anni.
Rimangono,
tuttavia, delle perplessità riguardo a questa personalità . E'
la stessa persona dai lineamenti sbiaditi come il suo elettore?
Chi ha votato per Putin? Escludendo i militanti comunisti e i
veri liberali, restano le persone per le quali sono
inaccettabili sia i comunisti sia i democratici. Queste persone
vogliono uno Stato forte ma questo stato deve avere principi
diversi, impossibili da generalizzare. In gran parte, si tratta
di dipendenti statali: militari, insegnanti, minatori, ingegneri
e operai degli stabilimenti militari che aspettano l’aumento
dello stipendio. Putin ha un grosso potenziale d’appoggio,
perciò dovrebbe commettere grossi errori per provocare una
forte opposizione. Il vero pericolo per lui viene dal suo
apparato. In Russia abbiamo un proverbio: "Tradiscono non i
nemici, ma gli amici". Il problema del tradimento
perseguitava Gorbachev ed Eltsin. Si può supporre che anche
Putin avrà lo stesso problema.
Nella
valutazione dei servizi segreti sovietici bisogna evitare certi
stereotipi. Non si deve dimenticare che il padre della
Perestrojka era uno dei capi del KGB - Yuri Andropov. E' stato
proprio lui a promuovere Mikhail Gorbachev. Non si può sapere
se il Segretario generale del Partito sia un bravo allievo, ma
sappiamo grazie all'apertura alla stampa degli archivi, che i
servizi segreti e il Reparto internazionale del Partito
Comunista Sovietico vicino a loro, hanno cominciato per primi
attività private e trasferimento di capitale all'estero.
Nessuno potrà rispondere alla domanda di quanto è vasto il
potere finanziario ed economico di quest'impero. Tuttavia è'
evidente che questo potere non è meno importante dell'influenza
di tutti gli oligarchi russi e che la sua è diventata parte
integrante dell'economia russa e mondiale. Si può solo
immaginare che le possibilità dell'influenza politica non si
limitino al territorio della Russia
Il
problema più importante della politica interna rimane la scelta
del meccanismo e dei mezzi di modernizzazione. La principale
domanda che si pongono gli analisti è capire quali sono le
prospettive delle riforme politiche ed economiche, delle forme e
dei metodi della costruzione dello Stato, del futuro rapporto
tra l'individuo, la società e lo Stato. Proprio da questa
scelta dei metodi dipenderà tutta la politica estera ed
interna.
Quali
strade ora saranno scelte per modernizzare la Russia? Prima di
tutto presentiamo il quadro di partenza. La Russia attuale ha il
10% della produzione mondiale del petrolio, il 27% del metano,
più del 50% dei metalli preziosi e il 15% della popolazione è
laureata e l'85% ha un diploma di scuola media superiore. Le
potenziali risorse naturali della Russia superano due volte
quelle degli Stati Uniti, sei volte quelle della Germania e
venti volte quelle del Giappone.
Tra i principali compiti del nuovo Presidente ci sarà quello di controllare i flussi finanziari della vendita delle risorse naturali. In quali settori dell'economia saranno investiti quei soldi? Che tipo di riforme porteranno le scelte del nuovo governo? Che tipo di rapporto sceglieranno i paesi del G7 e il fondo monetario nei confronti della Russia?
Putin
sin dai suoi primi giorni al potere si comporta come un politico
molto cauto, con l'unica eccezione della politica in Cecenia.
Nel
settore della politica interna non ci si può aspettare
repressioni staliniane o alla Pinochet. Però rimangono
possibili limitazioni della libertà di parola. Con lo sviluppo
dell’idea nazionale, che sarà interpretata come moderato
nazionalismo di Stato, non saranno escluse le misure di
influenza sulla stampa, sui politici e l’intellighenzia. Sono
possibili azioni per la limitazione delle attività delle
organizzazioni internazionali e delle relazioni internazionali
di carattere umanitario.
Il
Presidente Eltsin aveva una politica interna ed estera di stampo
bonapartista, cioè bilanciava gli interessi dei gruppi
influenti. Oggi il processo di centralizzazione del potere
contiene il pericolo di prendere una decisione importante in
modo antidemocratico.
Il
problema principale della Russia contemporanea è l’unificazione
del Paese. Come unire il paese caratterizzato da diverse culture
tradizionali e diverse religioni e dal ritardo nello sviluppo
borghese e nazionale?
Esistono
tendenze opposte che possono disintegrare la Russia
contemporanea. Non si deve dimenticare che la Russia è una
federazione con 89 soggetti (repubbliche nazionali e regioni), i
cui governatori sono eletti direttamente dalla popolazione. Fino
ad oggi i governatori delle Regioni o presidenti delle
repubbliche hanno avuto un’autonomia abbastanza grande dal
Cremlino: il Governatore (Presidente) è responsabile principale
della situazione economica nella sua zona. I soggetti della
Federazione Russa possono firmare accordi di carattere economico
e finanziario con altri paesi, realizzare esportazione di
capitale, risorse naturali e produzione.
Dopo
la scissione dell’Impero sovietico la Russia è stata
organizzata come una federazione nella quale i soggetti si
formano in base al principio nazionale (Tatarstan, Bashkiria,
Kalmykia, Ossetia, Udmurtia ecc). Solo la zona del Caucaso ha
una particolare struttura nella quale ancora manca l’unità
etnica e dove il ruolo principale appartiene ai gruppi etnici.
Qualche
volta le procedure democratiche possono provocare conflitti
etnici. Per esempio, nella piccola repubblica
Karachaevo-Cerkessia la situazione politica era tranquilla
quando il potere politico era in mano al Consiglio Supremo.
Quando, con procedura democratica, è stato eletto il Presidente
Semionov di origine karachaeva, un altro gruppo etnico (i
cerkessi) ha rifiutato di riconoscere i risultati delle
elezioni.
In
base ai primi tentativi del nuovo Presidente di cambiare il
sistema economico, sembra che egli voglia produrre un’economia
di mobilitazione di tipo sovietico e dare un ruolo
marginale al capitale privato nazionale e straniero. Senza
dubbio i primi risultati di questi passi saranno positivi, ma
non bisogna dimenticare che la combinazione dello Stato di
mobilitazione e dell’economia di anti-mercato sono state le
ragioni principali del crollo dello Stato Sovietico
[3]
.
Il famoso storico americano Richard Pipes ha detto giustamente che non esiste libertà economica senza stato di diritto e viceversa. Non voglio sostenere che il nuovo Presidente russo abbia già scelto la strada della modernizzazione, ma voglio porre l'accento sull'importanza della scelta delle strategie di modernizzazione da parte del nuovo governo per la determinazione della politica interna ed estera della Russia. Ci sono troppi fattori che influiscono sulla scelta della strategia quali, per esempio, la situazione mondiale.
La riorganizzazione del sistema mondiale di sicurezza dopo la scissione dell'URSS e le linee generali della politica estera russa
Durante la Perestroika di Gorbaciov i politici occidentali e sovietici parlavano di riorganizzazione dell’intero sistema mondiale di sicurezza nello spazio da Vancouver a Vladivostok. In realtà la Russia si è trovata fuori dai sistemi politici e militari. La NATO, invece, si allarga e include i paesi del blocco ex-sovietico.
Come differenziare la legittimazione di questa nuova situazione dai problemi di sicurezza nazionale? In realtà che cosa è la sicurezza nazionale? Come si forma la sicurezza nazionale? Chi sono i nuovi partners e gli avversari della Russia?
Quando leggo in alcuni giornali occidentali che i
dirigenti americani ed europei avrebbero sbagliato ad aiutare la
Russia, devo decisamente affermare che non è cosi. Grazie all’appoggio
politico e finanziario degli Stati Uniti e dell’Unione
Europea, in Russia si è saldamente stabilito un regime
democratico. La Russia di oggi è un paese che collabora con gli
altri Stati per garantire stabilità e pace nel mondo e si rende
conto della necessità delle relazioni con l'Occidente e
viceversa.
Nel nuovo sistema della politica internazionale che sta creandosi in questi ultimi anni, per la diplomazia russa si pone il problema di creare un nuovo polo per controbilanciare la supremazia americana. Il tempo della concorrenza delle grandi potenze e delle alleanze o dei centri di potere è passato, è arrivato il tempo della coesistenza. Questo crea il grande mito che la Russia possa organizzare il proprio spazio e sia in grado di concorrere con lo spazio europeo o transatlantico.
In ogni modo la collaborazione e anche l’integrazione
della Russia in istituzioni dell’Unione Europea e della NATO
non contraddice gli interessi nazionali russi. Dall’altra
parte questa collaborazione è ancora abbastanza fragile.
Esistono negli ambienti governativi russi sentimenti favorevoli
all'isolamento della società russa. L'autarchia dell'economia,
della cultura e dei contatti umanitari sono sempre stati lo
strumento della gestione della società totalitaria.
A
livello dell’opinione pubblica, pochissime persone collegano i
processi della modernizzazione con la globalizzazione. Nella
società russa non esiste una marcata differenza tra slavofili e
occidentalisti: i primi si sentono nell’epoca moderna, gli
altri in quella post-moderna.
Inoltre
è abbastanza diffusa l’opinione che né gli Stati Uniti né
la Comunità Europea hanno il desiderio di perdere nel mercato
delle tecnologie avanzate nel quale la produzione russa è
concorrenziale (per lo più, l’industria militare); ma è
altrettanto forte la paura di perdere la sovranità e lo statuto
di superpotenza e, infine, di cedere la sfera geopolitica della
propria influenza.
La
particolarità della situazione economica russa consiste nel
fatto che la maggior parte dell’industria russa si trova in
uno stato di depressione. Le perdite della produzione
industriale in Russia sono 2,3 volte più alte che in Italia,
Francia e Germania. E’ difficile immaginare che questa
produzione possa avere la capacità di concorrere con quella
europea. Ci sono, comunque, buoni settori industriali di
tecnologia avanzata, siderurgia, metallurgia non ferrosa,
energia elettrica, chimica, petrolio, produzione di legno,
telecomunicazioni, alcuni settori di produzione militare. Ci
sono inoltre grandi risorse umane e professionali nella
matematica, nella fisica e nei computer
[4]
. In questo momento per la Russia il compito più
importante non è procurarsi finanziamenti e prestiti, ma
cercare il modo di integrarsi nell’economia mondiale.
La crisi iugoslava dal punto di vista del crollo del sistema di Yalta
La
più grande rottura con la politica estera eltsiniana è stata
provocata dagli avvenimenti nei Balcani. La maggior parte della
popolazione russa non appoggiava la politica estremista di
Miloscevich, ma la reazione russa contro i bombardamenti della
Jugoslavia aveva radici ben diverse. Prima di tutto, i
bombardamenti contro la Jugoslavia sono stati considerati dal
governo russo e dall'opinione pubblica come un'azione
unilaterale degli Stati Uniti che violava gli accordi di Yalta,
presi come esempio della sistemazione delle relazioni
internazionali nel Secondo dopoguerra. Nel caso della Jugoslavia
si tratta dell'applicazione del concetto della sovranità
limitata fuori del blocco, e dell'uso a livello mondiale di
questo da parte di un soggetto delle relazioni internazionali,
la NATO. Nel marzo 1999 furono violati non solo i principi della
pace di Yalta ma anche i principi proclamati nel 1648 dal
Congresso di Westphalia che il diritto internazionale è fondato
sul riconoscimento della sovranità nazionale.
In
realtà, dopo la seconda guerra mondiale ambedue le superpotenze
hanno violato tante volte le sovranità nazionali nelle proprie
zone d’influenza, basti ricordare la famosa concezione
brezneviana della sovranità limitata.
Nella
zona dei Balcani l’intera civiltà contemporanea ha subito una
sconfitta. L’autorità dell’ONU e la forza del NATO sono
fallite nei tentativi di indurre diverse etnie a vivere insieme.
In risposta alla “bomba etnica” di Miloscevich i kosovari
hanno esploso la propria “bomba etnica”. E’ necessario
riconoscere questa sconfitta della Civiltà mondiale e l’inefficacia
degli Istituti Internazionali nella sistemazione dei radicalismi
etnici, religiosi ed politici per capire meglio che questa
minaccia può balcanizzare tutto il Mondo. Dal passato recente
sappiamo che è molto facile mobilizzare ogni popolo sulla base
di xenofobia e intolleranza verso gli altri.
Oggi
il diritto d’autodecisione entra in conflitto con i principi d’integrità
territoriale dello Stato sovrano. Così la richiesta dell’indipendenza
dei gruppi etnici si accompagna alle epurazioni etniche e a
guerre sanguinose.
E'
la prima volta dopo lo scioglimento dell'Unione Sovietica che la
Russia ha sentito la minaccia alla propria sovranità
dall'Occidente. Questi avvenimenti vengono confermati
dall'allargamento della NATO verso est.
In
ogni caso i russi si sentono traditi in Europa orientale. La
decisione di lasciare l'Europa orientale era accompagnata dalla
sensazione che questi paesi scegliessero una via di libertà e
non un'altra forma di dipendenza dal nuovo sovrano. Nessuno
accusa Mikhail Gorbachiov di aver lasciato l'Europa orientale,
ma la principale accusa consiste nella mancanza di accordi che
tenessero in considerazione gli interessi regionali e di
sicurezza della Russia. Lo stesso Gorbachiov ricorda il
telegramma con la dichiarazione del Segretario dello Stato James
Baker che garantiva che dopo la unificazione della Germania “non
accadrà l’allargamento della giurisdizione e della presenza
militare della NATO neanche per uno
pollice (one inch) nella direzione orientale...”.
Come
reazione alle azioni della NATO in Yugoslavia vi è stata
l'elaborazione della nuova concezione della sicurezza
internazionale. Questi avvenimenti hanno toccato immediatamente
diversi aspetti di politica della Russia. La conseguenza di
tutti questi avvenimenti è stata la rielaborazione a gennaio
2000 da parte di Putin della "Concezione della sicurezza
della Federazione Russa". La risposta diretta alle azioni
in Yugoslavia è stata la dichiarazione da parte della Russia
dell'uso "di qualsiasi mezzo, incluse le armi nucleari in
caso di una situazione critica in cui tutti gli altri metodi
d'azione sono esauriti o inefficienti". Vorrei notare che
anche il governo sovietico rifiutava l'uso delle armi nucleari
per primi. L'elaborazione della nuova strategia si spiega con la
crescita delle tensioni nelle frontiere e dell’insicurezza
della Russia nel raggiungere degli obiettivi.
Verso un nuovo ordine mondiale
Con il crollo del muro di Berlino è crollato il
sistema del ordine mondiale stabilito con gli accordi di Yalta.
Non penso che il mondo unipolare sia più sicuro che nel periodo
della guerra fredda. Nella Enciclica XI “Vangelo della vita”
(marzo 1995) Papa Giovanni Paolo II considerava la Civiltà
contemporanea come la culla della “cultura della morte”. Il
mondo unipolare non è diventato più sicuro rispetto al mondo
della guerra fredda. Durante un dibattito televisivo con l’Ambasciatore
Alexander Wershbow, il Rappresentante permanente degli Stati
Uniti presso la NATO, uno degli architetti della politica NATO
nei Balcani, ha chiesto se ci fosse la necessita di riconoscere
il fallimento del sistema di Yalta e trasformare l’ordine
mondiale. E’ giusto organizzare una Assemblea mondiale per
elaborare un nuovo ordine mondiale dopo il crollo del mondo
bipolare e costruire il nuovo sistema con più strumenti
efficaci di appoggio alla pace? Wershbow rispose che non vedeva
la necessità di cambiamenti.
Credo che per la nostra civiltà sia molto pericoloso
non capire che esistano già i fondamenti della nuova epoca.
Questi cambiamenti toccano tutta l’Umanità e prima di tutto
il nuovo Mondo. La cosiddetta Pax Oeconomicana, materialista
e sincretica (come scrive Alexander Neklessa)
[5]
, subentra all’Universum Cristianum, che domina
da più di 20 secoli. Assieme al cambiamento dei valori
culturali si aggravano i problemi del ambiente, ecc. Per
esempio, il famoso finanziere George Soros afferma che il
sistema mondiale finanziario perde la capacità di appoggiare la
stabilità ed esiste la minaccia del crollo di tutta civiltà.
In
ogni caso mi sembra che la maggior parte dei dirigenti politici
(americani, europei, russi ed altri) e i rappresentanti delle
burocrazie statali ed internazionali vedono il mondo
contemporaneo in modo molto formale e nei limiti delle categorie
del passato. Questo ritardo di percezione dei processi mondiali
è un grave pericolo per tutta la Civiltà. Mi sembra che i
dirigenti degli Stati Uniti devono considerare che nonostante la
loro supremazia non riescono a risolvere i conflitti locali.
Finalmente i dirigenti russi devono capire che la
Russia non è più la supremazia mondiale. E bisogna cominciare
vivere per se stessi. Non penso che si possa parlare del ritorno
alla politica estera dei tempi della guerra fredda. Oggi il
nuovo governo russo non alimenta la nostalgia per l'impero
sovietico. Il Segretario del Consiglio di sicurezza Serghej
Ivanov ha posto l'accento sul fatto che "la maggiore
minaccia alla sicurezza della Russia ha carattere interno".
Le premesse del ritorno verso il corso politico imperiale ancora
esistono. Questi umori sono piuttosto forti negli ambienti
militari, la cui influenza è aumentata dopo l’elezione di
Putin.
Le relazioni con CIS
Nello
spazio post-sovietico esistono i problemi del nazionalismo e
delle frontiere tra i paesi indipendenti, le frontiere terrestri
di tutti gli stati indipendenti non coincidono con le divisioni
etniche. Per esempio, circa 5 milioni di ukraini abitano in
Russia e circa 10 milioni di russi in Ukraina. La penisola di
Crimea è stata regalata da Krusciov all’Ukraina con la sua
popolazione di russi e tartari. Una situazione analoga si è
verificata in in Asia Centrale. In Uzbekistan abitano tagiki, in
Kirghizia uzbeki, in Kazakstan russi. Così esistono le pretese
naturali per i conflitti territoriali. Quasi in tutti i paesi
indipendenti dell’ex-URSS ci sono discriminazioni etniche. La
minaccia di balcanizzazione di tutto lo spazio post-sovietico è
un fattore costante.
Sono
d’accordo con l’affermazione di Zbigniew Brzezinski che la
Russia non è più una potenza globale ma regionale
[6]
. Dopo la scissione dell’URSS “per gli Stati
Uniti, la posta geopolitica più importante è rappresentata
dall’Eurasia”
[7]
. Ma lo stesso Zbigniew Brzezinski afferma che ogni
paese regionale può avere interessi particolari in questa zona
geografica. In accordo con la classificazione di Zbigniew
Brzezinski la Russia è uno dei giocatori geostrategici. “La
Russia, non occorre dirlo, resta invece un importante giocatore
geostrategico, nonostante la sua debolezza politica e un
malessere destinato probabilmente a perdurare. La sua stessa
presenza esercita un formidabile impatto sugli Stati di recente
indipendenza nell’ambito del vasto spazio euroasiatico della
ex Unione Sovietica”
[8]
.
Questa
nuova situazione nella zona dell’ ex Impero sovietico pone
numerose domande agli Stati Uniti, alla Russia, ai nuovi Stati
indipendenti e alle terze forze che vogliono rafforzare loro
presenza per conto della Russia.
Pochi
dirigenti politici russi possono capire e accettare che anche
piccoli paesi indipendenti abbiano il diritto della scelta
libera del nuovo padrone per i ragioni civili, economiche,
culturali, politiche, ecc. .
Conclusione
La Russia e’ un paese europeo nel senso geografico,
culturale e religioso, anche se una parte del popolo è
musulmano. Storicamente i musulmani russi non sono
fondamentalisti e radicali. L’estremismo islamico e’
importato in Russia da fuori. Ma è anche vero che la Russia non
è ancora un paese europeo dal punto di vista dei valori
liberali. Mi pare che dal punto di vista dello sviluppo
democratico della Russia sia importante la pressione costante
della società europea verso il governo russo per rispettare i
diritti umani.
Dopo la scissione dell’Unione Sovietica non
esistono le radici ideologiche del conflitto tra due paesi. Come
noto, nel 1993 i presidenti americano e russo hanno proclamato the strategic partnership come base delle loro relazioni. Questo
significa che la Russia non è più concorrente geopolitico
degli Stati Uniti.
Un poeta russo ha detto: “Addio, Secolo sanguinoso!”. Ma non c’è la percezione che la nuova epoca conoscerà un destino migliore.
Trad. di Anna Mikhailenko
[1]
McFaul M., Zlobin N. A Half-Democratic Russia Will Always Bea
Half-Ally to the United States// Democratizatsiya. The
Journal of Post-Soviet Democratization. 2001. n.4. P. 479.
[2]
Dahrendorf
R. Dopo la Democrazia. Laterza, 2001
[3] G. Derlughian. Kruscenie sovetskoi sistemy i ego potenzialnye sledstvia. In: Polis.2000. N 2, p.25
[4]
Andrianov
V. Konkurentnosposobnost Rossii v mirovoi economiche.
In Mirovaia economica i mezdunarodnye otnoscenia (MEMO). 2000. N 3, p.47-57.
[5] Neklessa A. Reqiem XX veku. In: MEMO. 2000. N 1. P.9
[6] Brzezinski Zbigniew. The Grand Chessboard. American Primacy and Its Geostrategic Imperatives. Trad. italiana – La Grande Scacchiera. Longanesi, 1997.
[7] Brzezinski Z. La Grande Scacchiera. P. 45.
[8]
Ibid.
P.63.
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Copyright 2002. Jean Monnet Chair of European Comparative PoliticsValeri Mikhailenko, Università Statale degli Urali, Ekaterinburg