Department of Political Studies - University of Catania

Jean Monnet Chair of European Comparative Politics


Jean Monnet Working Papers in Comparative and International Politics


Francesca LONGO

Università di Catania

 

La democrazia dell'Unione Europea e la riforma del Secondo Pilastro


December 1996 - JMWP 01.96



 

La democratizzazione dell'Unione Europea è una questione da tempo presente nel dibattito sull'integrazione. Il grado e le forme di partecipazione dei cittadini europei ai processi decisionali comuni sono certamente problemi di primaria importanza nell'ambito delle riforme attualmente in corso che incrementeranno il potere del sistema politico dell'UE di assumere decisioni vincolanti, sostituendosi o affiancandosi ai sistemi politici degli stati membri nello svolgimento della funzione di governo del territorio e della popolazione.

L'aumento della "quantità" di democrazia presente nel sistema decisionale dell'Unione è da considerarsi quale obiettivo primario della costruzione europea nel quadro di un processo più vasto che sta ridefinendo la dimensione del concetto di democrazia. Un numero sempre più alto di attività umane si sta riorganizzando e sta superando il limite delle frontiere statali a causa della crescente influenza che il fenomeno della globalizzazione esercita su tutti i livelli dell'agire: dalla gestione del governo da parte degli stati nazionali ai comportamenti dei singoli cittadini (1). Lo stato-nazione non ha più il monopolio dell'attività di governo sul proprio territorio; i luoghi dove si prendono le decisioni autoritative formali ed informali si sono moltiplicati. In questo contesto è necessario che alcuni concetti cardine della democrazia quali le modalità di partecipazione, il ruolo dello stato, la definizione dei diritti fondamentali dei cittadini, la legittimità del potere politico, siano ripensati in termini più ampi; la stessa democrazia, intesa quale modello di governo che implica forme di partecipazione del demos alle decisioni, si arricchisce di una nuova dimensione che supera il limite dello stato nazione. "... il significato e il luogo della politica democratica...devono essere ripensati in relazione ai sovrapposti processi e strutture esistenti a livello locale, nazionale, regionale e globale" (2). L'Unione Europea è uno tra i principali livelli di governo per le società dei paesi che vi aderiscono, e i suoi attuali modelli di decision-making process sono tali da richiedere una modifica dei rapporti tra cittadini e istituzioni in vista dell'approfondimento dei poteri di queste ultime che deriverà sia dall'avvio della fase finale dell'Unione economica e monetaria, sia dai risultati della conferenza intergovernativa di riforma dei Trattati. La partecipazione democratica alle attività di governo e la legittimazione del potere politico da parte dei cittadini piuttosto che dei governi sono requisiti di democraticità che l'Unione deve acquisire nel minor tempo possibile.

La politica estera e di sicurezza comune (PESC) è, senza dubbio, il campo in cui il deficit democratico assume i valori più alti in quanto il processo decisionale è di fatto ristretto alla pratica del consenso unanime e le decisioni non sono sottoposte al controllo politico del Parlamento europeo. E' da notare che ad un maggior deficit democratico della PESC corrisponde una minore forza cogente delle decisioni prese in questo settore. L'inesistenza di un sistema decisionale codificato, di sanzioni per gli stati inadempienti e, in generale, l'estraneità dalle regole che caratterizzano il pilastro comunitario come un sistema istituzionale e politico in grado di produrre regole e norme obbligatorie, descrivono la PESC come una sofisticata diplomazia collettiva, piuttosto che come una politica comune.

L'evoluzione del secondo pilastro verso una forma più complessa di politica estera appare, però, uno dei principali obiettivi della conferenza intergovernativa; questo processo richiede l'aumento dell'impegno istituzionale degli stati membri a privarsi, almeno in parte, del potere in materia di politica estera a favore delle istituzioni dell'Unione e la democratizzazione del sistema decisionale risulta essere per questo un problema di primo piano. Non è concepibile, infatti, una riforma della PESC che aumenti la forza cogente delle sue decisioni senza prevedere per queste ultime delle forme di controllo democratico.

Gli attuali meccanismi di controllo previsti dal Trattato di Maastricht sulla attività di politica estera e di sicurezza del Consiglio, unica istituzione che ha poteri decisionali in materia, riguardano sia la Commissione che il Parlamento Europeo. La Commissione risulta pienamente associata ai lavori della PESC e ha il diritto di presentare proposte. Il Parlamento europeo deve essere consultato sulle principali attività, informato regolarmente sugli sviluppi della politica estera, può presentare interrogazioni e inviare raccomandazioni al Consiglio. Queste misure da sole sono assolutamente insufficienti a garantire un adeguato livello di controllo democratico e inoltre sono state disattese dai governi. L'avvio di una riforma della PESC in direzione di una sua democratizzazione deve necessariamente inserire due meccanismi politico-istituzionali caratteristici di ogni sistema decisionale democratico: il voto a maggioranza in seno all'istituzione che detiene il potere legislativo e procedure di controllo delle decisioni da parte dell'istituzione di rappresentanza popolare. Il Trattato dell'Unione Europea fornisce già uno strumento normativo che permette al Parlamento Europeo di esercitare il potere di sorveglianza sulle attività della PESC. L'articolo J.11 del TUE, che riguarda le modalità di finanziamento delle attività del secondo pilastro, rende infatti possibile un'azione di controllo sul secondo pilastro dell'Unione da parte del Parlamento Europeo nella sua veste di autorità di bilancio. Il finanziamento della PESC si inserisce così nel dibattito sulla democratizzazione dell'Unione e della sua attività di politica estera in quanto determina la possibilità che, attraverso la procedura di bilancio, si instauri un meccanismo di check and balance tra le tre principali istituzioni dell'Unione, ben collaudato per altre politiche dell'Unione.

 

Il finanziamento della PESC e la democratizzazione dell'Unione

 L'articolo J.11.2 del Trattato dispone che:

  • "Le spese amministrative che le istituzioni devono sostenere per le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune sono a carico del bilancio delle Comunità europee.

    Il Consiglio può altresì:

    -decidere all'unanimità che le spese operative dovute all'attuazione di dette misure siano a carico del bilancio della Comunità europea; in tal caso si applica la procedura di bilancio prevista dal trattato che istituisce la Comunità europea;

    -o costatare che tali spese devono essere a carico degli Stati membri, eventualmente secondo un criterio di ripartizione da stabilirsi."

  • Se comparata ai meccanismi decisionali previsti per il funzionamento della PESC, questa prescrizione crea una struttura bicefala che affida al Consiglio il potere "assoluto" dell'attività di decision-making e, d'altra parte, permette alle autorità di bilancio, in particolare al Parlamento Europeo, il controllo delle attività della PESC in quanto le voci di spesa relative alla politica estera e di sicurezza sono classificabili come spese non obbligatorie (3). Tale situazione potrebbe rappresentare un primo traguardo verso la soluzione del deficit democratico di cui il secondo pilastro dell'Unione soffre particolarmente; tuttavia il Consiglio Europeo ha impedito finora che all'articolo J.11 si desse un'interpretazione tale da determinare un sistema di balance of power tra le istituzioni in materia di PESC. Il Consiglio, infatti, ha rifiutato di considerare le spese della PESC passibili del controllo da parte del Parlamento ed ha dimostrato di voler utilizzare per esse dei meccanismi che gli permettono di eludere le conseguenze istituzionali dell'articolo J.11.

    Infatti, alla luce dell'articolo J.5.2 che afferma:

  • la Presidenza è responsabile dell'attuazione delle azioni comuni
  • e dell'articolo J.8.2:

  • Il Consiglio prende le decisioni necessarie per la definizione e l'attuazione della politica estera e di sicurezza comune
  • il Consiglio ha considerato possibile inserire nella voce di bilancio relativa alle proprie spese amministrative sia le spese amministrative della PESC che quelle operative per le quali si è deciso, ai termini dell'articolo J.11.2, il finanziamento mediante bilancio comunitario. Ciò per evitare che il Parlamento possa controllare tali uscite in quanto vincolato da un gentlemen's agreement del 22 aprile 1970, nel quale le due istituzioni si impegnano ad astenersi dall'esaminare le voci del bilancio riguardanti le rispettive spese amministrative. La posizione del Consiglio a tal riguardo è certamente discutibile in quanto, se è certo che tale istituzione rimane il principale decisore dell' azione in materia di PESC, d'altra parte nel prendere le sue decisioni esso deve rispettare le regole istituzionali previste dal Trattato. Le modalità descritte dall'articolo J.11 sono chiare e di facile lettura: nell'affermare come sia necessario applicare per il finanziamento della PESC la procedura di bilancio prevista per il primo pilastro, è evidente la volontà di inserire la politica estera e di sicurezza tra le materie soggette al controllo finanziario di tutte le autorità di bilancio, e ogni tentativo fatto da Consiglio per evitare ciò è da considerarsi come una violazione del trattato. D'altra parte il Parlamento Europeo ha dichiarato che considererà non più vincolante il gentlemen's agreement se il Consiglio persisterà in tale atteggiamento (4).

    La posizione del Parlamento Europeo.

     

    La posizione del Parlamento Europeo riguardo il finanziamento della PESC è esposta nel rapporto Willockx, redatto dalla commissione per il bilancio che pone in evidenza le deficienze delle attuali pratiche poste in essere dal Consiglio e propone una serie di misure da adottare per regolare la situazione.

    Il punto di partenza dell'analisi effettuata dalla commissione per il bilancio è l'articolo J.11 del Trattato di Maastricht nel quale il Parlamento individua le basi per alcune posizioni preliminari all'intero progetto descritto dal rapporto:

    - le azioni della PESC dovranno, di norma, essere finanziate dal bilancio comunitario e il finanziamento da parte dei singoli stati dovrà rappresentare un'eccezione;

    - le spese PESC, finanziate dal bilancio, dovranno essere sottoposte alla normale procedura di bilancio e sono da considerarsi non obbligatorie;

    - le spese amministrative della PESC sono da inserirsi nel capitolo V del Bilancio della Comunità, destinato alle spese amministrative dell'UE. Le spese operative che il Consiglio deciderà di finanziare attraverso il bilancio comune andranno finanziate dal capitolo IV destinato alle azioni esterne dell'UE.

    Il progetto del Parlamento europeo inoltre tiene conto dalla natura particolare di tali spese e prevede dei meccanismi ad hoc che permettano di conciliare l'esigenza di tempestività del finanziamento di queste azioni, con la necessità di rispettare le procedure di bilancio, così come raccomanda il Trattato. A tal fine il rapporto individua quattro principi che dovranno caratterizzare il finanziamento della politica estera della UE: efficienza, velocità, trasparenza, chiarezza di informazione.

    I primi due principi sono necessari perché le situazioni di crisi e i conflitti con i quali la PESC si trova ad interagire non possono spesso essere previsti e richiedono una mobilitazione rapida ed efficiente delle risorse. Le azioni comuni della PESC, quindi, pur nel rispetto delle procedure di bilancio, non possono essere finanziate mediante meccanismi burocratici complessi.

    La trasparenza e la chiarezza dell'informazione sono necessari per il rispetto delle procedure di bilancio che affidano al Parlamento il ruolo di controllo sulle spese comuni. In tal senso sarà necessario che il Consiglio chiarisca, per ogni azione comune finanziata dal bilancio dell'UE, il costo, gli obiettivi precisi, la definizione del carattere della spesa (amministrativa o operativa). Questi elementi dovranno essere oggetto di una dichiarazione finanziaria da sottoporre al Parlamento europeo.

    La struttura proposta da Parlamento per il finanziamento delle spese derivanti da azioni PESC è la seguente: le sole spese amministrative che il Consiglio potrà finanziare con il proprio bilancio sono quelle relative ad azioni necessarie a prendere una decisione politica, condotte prima che lo stesso Consiglio deliberi sull'allocazione delle risorse - ad esempio le missioni esplorative -.

    Tutte le altre spese amministrative sono da inserire nella categoria V , sezione III A del bilancio, relativa alle spese amministrative dell'Unione (5). Le spese operative che il Consiglio deciderà di finanziare attraverso il bilancio comune e che hanno carattere prevedibile, saranno inserite nella voce di bilancio IV relativa alle politiche esterne. Il Parlamento propone che la sezione III di ogni capitolo di bilancio, inoltre, includa una riserva di fondi destinata alla PESC per risolvere il problema delle spese impreviste che, data la natura della politica estera, potrebbero rappresentare una parte notevole del bilancio. Le azioni comuni prese durante l'anno finanziario in corso, e quindi non previste nel preventivo, saranno da inserire in un capitolo di spesa definito "altre azioni comuni" e finanziate con tali riserve.

    Il progetto non definisce le modalità con le quali le istituzioni determineranno eventuali stanziamenti per azioni PESC nel caso si esaurissero sia la voce specifica sia le riserve.

    Il rapporto Willockx, in vista della conferenza intergovernativa di riforma dei trattati, propone l'inserimento di ulteriori misure che aumentino il controllo istituzionale della attività di politica estera e di sicurezza comune quali l'abbandono dell' unanimità richiesta per le decisioni relative al finanziamento delle azioni comuni in seno al Consiglio, l'inserimento delle spese della PESC tra le voci sottoposte al controllo della Corte dei Conti, la presentazione al Parlamento Europeo, a titolo informativo, delle spese operative finanziate dai singoli stati membri e del bilancio della UEO .

    Questa posizione è certamente molto attenta a salvaguardare il ruolo di controllo che i Trattati assegnano al Parlamento europeo in materia di bilancio per evitare che le riforme della PESC comportino l'aumento della sua "sovranazionalità normativa" (6), cioè delle materie sottratte al controllo dei governi e affidate alla competenza dell'Unione e, allo stesso tempo, prevedano meccanismi decisionali dal carattere strettamente intergovernativo che mal si conciliano con la diffusa esigenza di democratizzazione dell'Unione.

    La posizione della Commissione

    La Commissione nell'affrontare tale problema, adotta una posizione che tiene conto dell'obbligo derivante dalle disposizioni contenute nell'articolo C del TUE che impone alle istituzioni europee e agli Stati membri un approccio globale alle azioni esterne dell'Unione Europea. Queste disposizioni prevedono che le azioni comuni siano compiute nell'ambito di un quadro istituzionale unico e che venga rispettata la coerenza dell'azione esterna dell'Unione intesa in senso complessivo. L'articolo C affida, inoltre, un ruolo particolare alla Commissione nell'ambito del rispetto della coerenza dell' azione esterna della UE:

    Il Consiglio e la Commissione hanno la responsabilità di garantire tale coerenza. Essi provvedono, nell'abito delle loro rispettive competenze, ad attuare dette politiche.

    L'approccio globale che la Commissione presenta per la soluzione del finanziamento delle azioni PESC individua nel bilancio comunitario lo strumento finanziario ideale per permettere alle istituzioni di svolgere i rispettivi ruoli e, quindi, il finanziamento delle azioni PESC attraverso questo strumento è il primo passo di un processo che deve condurre verso la coerenza di tutte le politiche rivolte verso il territorio esterno all'Unione, siano esse relative alle relazioni internazionali, a quelle economiche, alla sicurezza o allo sviluppo. La voce di bilancio individuata dalla Commissione per l'iscrizione delle spese PESC è, al pari del Parlamento europeo, la rubrica IV, destinata alle azioni esterne della UE. All'interno di tale rubrica la Commissione ha già individuato il problema della pianificazione della distribuzione delle risorse, in fase di preventivo di spesa, tra le linee destinate alla attività esterna dalla UE condotta con gli strumenti comunitari tradizionali, e la linea destinata alle azioni specifiche della PESC. A tal proposito la proposta della Commissione suggerisce che le spese derivanti dall'attività PESC siano finanziate prioritariamente mediante i fondi destinati agli strumenti comunitari tradizionali. L'individuazione della linea su cui iscrivere le singole azioni PESC andrà fatta tenendo conto dell'obiettivo dell'azione in questione; la linea specifica del bilancio destinata alla PESC dovrebbe servire a finanziare quelle attività che abbiano una natura esclusivamente politica (es. osservazione delle elezioni) e che quindi non possono rientrare in nessun modo nei settori delle attività comunitarie. La Commissione suggerisce la previsione di una riserva di fondi, da inserire nella rubrica IV del bilancio comunitario, che possa far fronte alle attività impreviste della PESC. Le risorse aggiuntive così disponibili si dovranno utilizzare non solo per il finanziamento delle azioni specifiche della PESC, ma a favore di tutti gli strumenti comunitari tradizionali di azione esterna comune previste nelle varie linee della rubrica. Solo dopo l'eventuale esaurimento di tale riserva si potrà iniziare il procedimento di trasferimento di fondi da una rubrica all'altra del bilancio. Questo meccanismo permette al Parlamento europeo di esercitare un controllo anche sulle azioni improvvise in quanto, secondo le procedure di bilancio, è a questa istituzione che è affidato il compito di approvare il trasferimento di fondi dalle riserve.

    Il progetto della Commissione appare particolarmente importante in quanto inserisce il finanziamento della PESC nel bilancio comunitario in un'ottica di "normalità", senza cioè prevedere modifiche delle procedure di bilancio né modificare i rapporti interistituzionali in materia di bilancio.

     

    Il parere del Consiglio

     

    La posizione del Consiglio riguardo tale problema non appare certo così delineata e chiara come lo sono le posizioni del Parlamento Europeo e della Commissione. La volontà di tenere distinte le attività del secondo pilastro dalle attività di natura comunitaria, cercando allo stesso tempo di rispettare, almeno per grandi linee, l'impegno a mantenere una certa coerenza tra i due ambiti di attività determina (ancora una volta!) l'ambiguità delle poche dichiarazioni che il Consiglio ha fatto riguardo il finanziamento della PESC (7). Il Consiglio ha affermato che sarà necessario ricercare un "modus vivendi" con il Parlamento Europeo per evitare che il potere di ultima parola detenuto da quest'ultimo in base alla procedura di bilancio, si trasformi in impedimenti di natura finanziaria all'azione PESC (8). E' evidente da tale posizione la volontà di ricercare un compromesso che permetta di iscrivere le spese PESC al bilancio comunitario, senza però correre il rischio che il controllo del Parlamento sia effettivo e di natura politica. I documenti di tappa emessi dal gruppo di riflessione incaricato di preparare la CIG mostrano in effetti la divisione dei governi degli stati membri: "un'ampia maggioranza del gruppo" è favorevole a rispettare lo spirito dell'articolo J.11 e affidare al bilancio comune il finanziamento della PESC, salvo che per casi straordinari. Purtroppo le ampie maggioranze in questo settore di attività comune non determinano le decisioni e la mancanza dell'unanimità sarà un elemento che determinerà problemi nelle contrattazioni e, eventualmente, ambiguità nelle formule finali.

     

    La Conferenza intergovernativa: un'occasione per il rilancio del secondo pilastro

     

    La riforma della PESC è un tema centrale della conferenza intergovernativa. Il dibattito a tale riguardo verte principalmente su tre tematiche: l'incremento della coerenza tra le azioni di politica estera dell'Unione Europea e le altre forme di azione esterne della Comunità, la necessità di rendere efficiente ed efficace l'azione politica internazionale dell'Unione mediante una riforma del processo decisionale della PESC che impedisca che le divergenze di vedute tra i paesi membri si traducano in paralisi dell'attività dell'Unione e la necessità di democratizzare il sistema decisionale. Quest'ultimo problema appare prioritario solamente nell'agenda del Parlamento Europeo che a tal fine ha presentato delle proposte che, se accolte, potrebbero rappresentare un primo passo verso una riforma del secondo pilastro in senso democratico. La prima proposta si inserisce in una prospettiva di riforma globale dell'Unione che prevede la scomparsa della struttura a pilastri con la conseguente unificazione dei meccanismi decisionali. Questa soluzione sottoporrebbe le decisioni della PESC agli stessi controlli attualmente previsti per la legislazione del pilastro comunitario (9) e rappresenterebbe tra l'altro una risposta anche al problema della consistency tra le azioni esterne della CE e quelle della PESC. La seconda proposta riguarda la riforma del processo decisionale della PESC che dovrebbe abbandonare la regola dell'unanimità e prevedere delle forme di controllo reale delle decisioni del Consiglio da parte del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.

    Se l'unificazione della struttura istituzionale dell'Unione appare un'opzione che i governi hanno escluso, la necessità di estendere il voto a maggioranza anche in materia di politica estera e di sicurezza è una necessità che tutti gli Stati membri hanno riconosciuto, anche se sono state avanzate da alcuni paesi proposte alternative alla regola della maggioranza, quali la possibilità della maggioranza "rinforzata", che tenga contò cioè della popolazione, o "l'astensione costruttiva", che permetterebbe l'adozione di una posizione o di una azione comune anche in caso di parere contrario di uno stato membro che, in tal caso, sarebbe esentato dall'obbligo di conformarsi alla decisione (10).Queste misure "intermedie" rappresentano un tentativo per evitare che la regola dell'unanimità sia definitivamente abbandonata. Purtroppo la storia politica e istituzionale della CPE/PESC è ricca di esempi che mostrano come le formule compromissorie si sono rivelate poi inefficaci nel risolvere i problemi. Da più stati, inoltre, proviene un'altra proposta che aumenterebbe l'indipendenza istituzionale della PESC dagli organi preposti al controllo democratico; la proposta si riferisce alla creazione di un organo ad hoc, collettivo o singolo, che possa essere il rappresentante della PESC nel mondo (11). La nomina di un "signor o signora PESC" di certo impedirebbe alla Commissione, in particolare al presidente di questa istituzione, di svolgere un ruolo di alta importanza simbolica: rappresentare la UE a livello internazionale. Se tale proposta sarà accolta si realizzerebbe una disgiunzione tra rappresentanza ufficiale della Comunità e delle sue politiche comuni e rappresentanza ufficiale dell'Unione e dell'azione relativa alle relazioni politiche esterne con tutti i problemi di immagine e di coordinamento che da ciò ne derivano.

    I problemi che si presentano in relazione alla riforma del secondo pilastro sono ancora tanti e dai documenti e dalle dichiarazioni fino ad ora pervenuti appare lontana la possibilità che la CIG riuscirà ad attuare una riforma che aumenti significativamente il grado di democratizzazione del secondo pilastro. Se aumenteranno le competenze e il potere decisionale del Consiglio in materia di politica estera e perdurerà, allo stesso tempo, l'attuale situazione di deficit di controllo democratico sarà difficile restituire ai cittadini europei la fiducia verso le attività di politica estera comune, fiducia messa in questi ultimi anni a dura prova soprattutto in occasione di quelle crisi internazionali che hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla incapacità dell'Unione di assumere il ruolo di attore internazionale e di esprimere un atteggiamento coerente nell'ambito del sistema internazionale. Per centrare in pieno l'obbiettivo del rilancio dell'attività di politica estera comune, non solo nei confronti del sistema internazionale, ma soprattutto riguardo l'opinione pubblica interna al territorio dell'Unione, è necessario che la PESC riformata dal nuovo Trattato in via di definizione abbia un carattere maggiormente democratico. Altrimenti si corre il pericolo che aumenti nei cittadini europei la percezione dell'Unione come burocrazia ad alto livello, lontana dal controllo della società civile. Questo fenomeno sarebbe dannoso non solo per il secondo pilastro, ma per l'intero processo di integrazione europea che rimarrebbe privo di ogni forma di legittimazione popolare.


    Footnotes

    (1) Sul fenomeno della globalizzazione cfr: Attinà F. (1996), Tendenze e problemi della globalizzazione e della frammentazione, in Attinà F. e Longo F. (1996) e Held D. (1995 ). Back to (1)

    (2) Held, Op.cit. Back to (2)

    (3) E' un problema ancora in via di definizione se le spese della PESC debbano essere oggetto di controllo da parte della Corte dei Conti. Back to (3)

    (4) V. Rapporto Willockx sul finanziamento della PESC, Commissione Bilancio del Parlamento Europeo, Ottobre 1994 PE 209.630/fin. Back to (4)

    (5) Nel bilancio 1995 esiste già una voce "costi operativi della PESC" inserita in tale capitolo di bilancio, con una fornitura di 25 Mecu e una riserva dello stesso ammontare. Back to (5)

    (6) V. Weiler J, Il sistema comunitario europeo. Struttura giuridica e processo politico, pag 88. Bologna, Il Mulino, 1985. Back to (6)

    (7) L'impegno a mantenere la coerenza tra tutte le attività esterne dell'Unione deriva non solo dall'articolo C Trattato di Maastricht, ma da numerose successive dichiarazioni del Consiglio Europeo. Vedi ad es. Conclusioni del Consiglio Europeo, 29 ottobre 1993, Agence Europe n. 6098, 29 ottobre 1993 e Documento del gruppo di riflessione incaricato di preparare la CIG, in Agence Europe n. 6556, 6 settembre 1995. Back to (7)

    (8) Vedi Agence Europe n. 6216, 22 Aprile 1994. Back to (8)

    (9) Il problema del deficit di democrazia riguarda anche il primo pilastro dell'Unione, ma per quest'ultimo si tratta di aumentare il grado di controllo e di partecipazione democratica. Per la Pesc il problema è certamente più grave perché fino ad ora nessuna forma di controllo e partecipazione è stata mai prevista. Back to (9)

    (10) Vedi Agence Europe, serie Documenti, n. 1951/1952, 27 settembre 1995. Back to (10)

    (11) V. News Europa, n.8/9, 1996. Back to (11)


    BIBLIOGRAFIA

     Algieri F., Regelsberger E (eds), Synergy at Work, Bonn, Europa Union Verlag, 1996.

     Attinà F. e Longo F. (a cura di): Unione Europea e Mediterraneo fra globalizzazione e frammentazione, Bari, Cacucci, 1996.

     Attinà F. Il sistema internazionale verso la globalizzazione, in "Politica Internazionale", n.2, 1993.

     Bonvicini G., Louis J.V., Vasconcelos A., On the revision of Maastricht. A common report. In "The International Spectattor", n. 1, 1996.

     Fabre D. La Politique Étrangèr et de sécurité commune, in "Problèmes politique et sociaux", n. 775-776, 1996.

     Held D., Democracy and global order, Cambridge, Polity Press, 1995.

     Longo F. La Politica Estera dell’Unione Europea tra Indipendenza e Nazionalismo, Bari, Cacucci, 1995.

     

     

     


     © Copyright 1996. Jean Monnet Chair of European Comparative Politics.

    Francesca Longo.

    Researcher, Department of Political Studies, University of Catania

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